Stefania Belmondo, la più grande fondista azzurra di sempre

11/10/2014

Atleta dall'altissimo valore umano e sportivo, la sciatrice di fondo piemontese ha donato lustro all'Italia e continua a dare il suo contributo al mondo dello sport




Con dieci medaglie olimpiche, tredici medaglie mondiali, 24 vittorie in Coppa del Mondo e 35 titoli italiani assoluti, Stefania Belmondo è una delle atlete più titolate della storia, nonché la più grande sciatrice di fondo italiana di sempre. Nata a Vinadio il 13 gennaio del 1969, ma cresciuta a Pontebernardo, Stefania inizia a sciare all’età di tre anni con i piccoli sci rossi di legno costruiti da papà Albino e ancora appesi all'ingresso della sua abitazione accanto ai bastoncini di bambù con le rotelline. Dopo il debutto in Coppa del Mondo nel 1986, nel 1988, entrata nella nazionale italiana, partecipa alle Olimpiadi di Calgary e vince le sue due prime medaglie ai Mondiali juniores (prima fondista italiana a vincere una medaglia in un Mondiale). L’anno successivo, conquista due ori ai Mondiali juniores (prima italiana a vincere una medaglia d'oro in un Mondiale) e ottiene la prima vittoria in Coppa del Mondo, a Salt Lake City. Gli anni Novanta segnano l’ascesa di Stefania Belmondo, grazie ai numerosi podi in Coppa del Mondo, ma soprattutto alle medaglie olimpiche e mondiali. Ai Giochi di Albertville del 1992, la fondista porta a casa un oro nella 30 km a tecnica libera (prima medaglia d'oro di un'italiana a un'Olimpiade), un argento nella 10 km a tecnica libera e un bronzo nella staffetta 4x5 km con le sue compagne Manuela Di Centa (Manuela Di Centa, fondista dei tempi d'oro), Bice Vanzetta e Gabriella Paruzzi; a quelli di Lillehammer del 1994 - fortunata anche per lo sci alpino, con Alberto Tomba (Alberto Tomba, la "bomba" dello sci alpino) e Deborah Compagnoni (Deborah Compagnoni, la leggenda dello sci alpino) - conquista due bronzi: nella 10 km a tecnica libera e nella staffetta 4x5 km.



Nel frattempo, arrivano anche i primi successi iridati insieme alle prime difficoltà: i problemi alla schiena, ma soprattutto il piede sinistro: "In un primo tempo sembrava trattarsi soltanto di un alluce valgo, ma purtroppo era presente anche una frattura da stress dovuta ai forti carichi di allenamento. E quindi mi sono dovuta operare. Dopo l'intervento il chirurgo ha comunicato ai miei genitori che dovevo assolutamente smettere di sciare, perché non sarei riuscita a sopportare altri sforzi: non avendo più la cartilagine, mi sono ritrovata con un dito semirigido; ma non ho pensato nemmeno per un istante di ritirarmi e, dopo tre mesi di stop forzato, ho ripreso ad allenarmi. Questo accadeva nel '93, dopo i Mondiali di Falun. L'anno seguente, con le Olimpiadi di Lillehammer, è ricominciato il mio calvario. In settembre, infatti, nell'asportare una cambra (il piccolo ferro che tratteneva gli ossicini sesamoidi), sono subentrate varie complicazioni, tra cui un'infezione a un dito. Con il freddo, poi, perdevo sensibilità; per alcuni anni sono stata costretta a gareggiare con una scarpa rigida. E ancora adesso non riesco a sentire questo dito quando la temperatura è molto bassa, benché non provi più dolore nel muoverlo". ("Più veloci di aquile i miei sogni", Stefania Belmondo con Antonella Saracco)

Le staffettiste di bronzo a Nagano 1998
Torna in piena forma nel 1997, quando aggiunge quattro argenti alle quattro medaglie mondiali già in suo possesso (due ori e due argenti) e conquista la Coppa di specialità per le distanze corte, chiudendo la classifica generale di Coppa del Mondo in seconda posizione; viene altresì premiata con la medaglia Holmenkollen, uno dei riconoscimenti più prestigiosi dello sci nordico. Nel 1998, Stefania prende parte alle Olimpiadi di Nagano, dove ottiene l’argento nella 30 km a tecnica libera e lo storico bronzo nella staffetta 4x5 km con Karin Moroder, Manuela di Centa e Gabriella Paruzzi. Quest’ultima gara è forse quella che consacra definitivamente Stefania Belmondo tra le leggende dello sport: Stefania è l’ultima frazionista e trascina l’Italia sul terzo gradino del podio recuperando uno svantaggio di quasi un minuto. Una prestazione a dir poco straordinaria per l’atleta di Vinadio, 158 cm e 45 kg di energia pura, che nel 1999 arricchisce il suo palmarès con due ori e un argento ai Mondiali di Ramsau e nel 2002 con un bronzo ai Mondiali di Lahti.
Stefania Belmondo a Salt Lake City 2002
Nel 2002, le Olimpiadi di Salt Lake City, che confermano Stefania Belmondo ai massimi vertici dello sci nordico: un argento nella 30 km a tecnica classica, un bronzo nella 10 km a tecnica classica e un oro nella 15 km a tecnica libera. La medaglia nella 15 km è a dir poco leggendaria: a circa metà gara, Stefania è in testa, quando una delle sue racchette si spezza. L'atleta, nonostante lo scoraggiamento iniziale e la perdita di posizioni, è decisa a combattere, perché alle Olimpiadi si corre anche per la propria nazione e non solo per se stessi. Riesce a recuperare un bastoncino da un tecnico del Canada, ma è troppo grande per lei; fortunatamente, poco dopo, il suo allenatore Massimo Laurent le dà una racchetta della misura adatta, permettendole di lanciarsi all’inseguimento della russa Lazutina, che domina il gruppo. Con una volata negli ultimi 500 metri, Stefania Belmondo vince l’oro olimpico e passa alla storia, non solo perché riesce a salvare una situazione che sembrava tragica, ma anche perché supera la Lazutina, trovata qualche tempo dopo positiva al doping.
Stefania Belmondo accende la fiamma olimpica a Torino 2006
A questo proposito, è bene sottolineare l’impegno della campionessa di Vinadio nella diffusione dei valori dello sport e nella lotta al doping: “Io sono assolutamente contraria a qualsiasi forma di doping e di aiuto che non sia il frutto di un grande allenamento. Se dipendesse da me, non darei una seconda possibilità ad un atleta che viene trovato positivo, lo radierei dalle gare già dalla prima volta, anche perché sono sicura che il doping sia nocivo per il corpo. Inoltre, il doping toglie tanto agli altri atleti: notorietà, denaro, spazio sui giornali e molto altro. La medaglia di bronzo di Salt Lake City mi è arrivata a casa tramite un corriere due anni dopo averla conquistata, mentre stavo facendo giardinaggio, senza custodia, in un sacchetto di nylon. Avevo saputo che la Lazutina e la Danilova erano state squalificate, quindi la aspettavo, ma ricevere la medaglia in questo modo mi ha lasciato l’amaro in bocca. È stato molto triste”.



Queste le parole di Stefania Belmondo, parole dure contro un fenomeno che purtroppo sta dilagando sempre di più. Stefania Belmondo colpisce per la semplicità, l’umiltà, la riservatezza, la dedizione allo sport e ai suoi principi, la tenacia con cui ha superato tutti gli ostacoli, i "cancelli", che ha trovato lungo il suo cammino, sportivo e non. Un esempio di vita, un modello, una atleta mitica, una fuoriclasse dello sci di fondo, ma soprattutto una donna straordinaria, che non ha mai mollato. Quando un giornalista le ha chiesto per cosa volesse essere ricordata, Stefania ha risposto: “Le mie vittorie ad Albertville e a Salt Lake City”, poi ha esitato un attimo e ha sorriso: “No, mi piacerebbe essere ricordata come una che, indipendentemente dalla vittoria o dalla sconfitta, ha sempre cercato di dare il massimo”. Grazie Stefania.

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